Dagli studi in Giurisprudenza a Cuochi d’Italia accanto a Borghese: Intervista a Giovanna Caldana dell’Osteria Rive

Una passione così grande che l’ha portata a gestire l’Osteria di famiglia, a partecipare al programma Cuochi d’Italia e a collaborare con Maison di moda a livello internazionale

“Ho sentito la necessità di un approfondimento importante, l’esperienza in Accademia è stata stimolante e illuminante: i docenti hanno dato da bere alla mia sete di conoscenza.”

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Giovanna, come nasce la tua passione per la cucina?

La mia passione per la cucina è nata prestissimo, a 6 anni ancor prima di andare a scuola ho iniziato a leggere e consultare il libro “Il Cucchiaio d’Argento”. Partendo dalle salse madri alle creme, fino alla preparazione di una tavola: ho imparato tutte le nozioni del libro in 5 anni. La mia storia personale inizia così.

Il mio percorso scolastico mi ha poi portata ad iscrivermi a Giurisprudenza, dove però non sono mai diventata avvocato perché non sentivo nelle mie corde questa professione. Durante il periodo universitario, infatti, lavoravo alla sera in cucina e ho sempre saputo che questo era quello che volevo fare.

Lavorare come Cuoco è sempre stata la mia passione, l’ho capito perché, dopo ogni lezione, non vedevo l’ora di correre in ristorante.

Perché e quando hai deciso di frequentare il Corso per Cuoco? Com’è stata la tua esperienza in Accademia?

Questo è successo molto tempo dopo che ho iniziato questo mestiere. Ad un certo punto della mia carriera ho sentito la necessità di un approfondimento importante non solo a livello professionale ma anche a livello personale. Ho visto che l’Accademia offriva uno staff di docenti eccellente che già conoscevo e che il livello della formazione era veramente alto, ho così deciso di specializzarmi in questo istituto.

La mia esperienza in Accademia è stata molto stimolante sia a livello umano che a livello professionale. Nel mio corso ho avuto modo di confrontarmi e relazionarmi con compagni di differenti nazionalità, dalla Bielorussia all’Inghilterra, dalla Grecia all’Albania, ho potuto conoscere e fondere i miei saperi con culture ed etnie diverse tra loro.

L’incontro con il docente Samuele Beccaro è stato illuminante già dal primo giorno. Quando incontri luminari come lo Chef Beccaro e Mario Pegoraro già alla prima settimana hai raggiunto il massimo delle soddisfazioni e delle aspettative, perché non hanno solo un grande bagaglio di esperienze ma anche una profonda conoscenza culturale del settore di alto livello. Questo detto da una persona che ha cercato di studiare e di comprendere ogni aspetto del mondo della ristorazione, anche io leggo moltissimo però loro hanno dato da bere alla mia sete di conoscenza, mi hanno dissetata.

Osteria Rive
Osteria Rive

Raccontaci un po’ dell’Osteria Rive. Cosa la contraddistingue?

Rive è un’Osteria di Terza generazione che è stata sempre in mano a donne.

L’Osteria ha due tendenze: una verso il mare e una verso le montagne, nasce dall’incontro di queste due culture. Da una parte c’era una popolazione scesa dalle montagne per cercare lavoro, quella dei miei nonni, di origine cimbra. La cucina nasce da una cultura geneticamente cimbra, quindi fatta di erbe dei boschi, di erbe selvatiche, di pino mugo, di ginepro, di tutte le erbe che si possono immaginare, che vengono tramandate di generazione in generazione sia nelle ricette che nelle coltivazioni. Questo mondo si scontra e si incontra con un paesino di dominazione veneziana, dove il Brenta è sempre stato una via verso il cuore di Venezia e quindi un ricettario che dal 1500 è totalmente Veneziano. Qui nasce questa fisarmonica, quest’armonia che si chiama Rive tra alcune ricette di impianto Cinquecentesco Veneto-Veneziano e i profumi delle Alpi di origine Cimbra, si parla quindi di affumicature, di metodi di salature che solo persone di montagna potevano conoscere. Mio nonno era macellaio e ha tramandato le varie tecniche di affumicatura e salamoie con erbe e sali aromatici particolari.

Come avete affrontato il periodo di lockdown?

Abbiamo deciso di fare qualcosa di diverso, decisamente.

Avendo un impianto di menù molto particolare che conta sulle emozioni, sulla bellezza del piatto, sull’operatività dei cuochi e non sul piatto pronto, abbiamo rinunciato completamente a fare l’asporto. Ci siamo dedicati al nostro giardino segreto, una collina di fianco al castello di Marostica dove coltiviamo del terreno e abbiamo un uliveto.

Quindi nel periodo di lockdown ci siamo dedicati quasi interamente a lavorare la terra, alla ricerca dei prodotti, alla selezione delle erbe per poi, alla riapertura, offrire delle proposte nuove ai nostri clienti. Abbiamo ad esempio coltivato le nostre verdure e la nostra frutta con le quali abbiamo realizzato delle mini giardiniere o confetture speciali che stiamo tuttora utilizzando.

Osteria Rive
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Giovanna Caldana a Cuochi d'Italia
Giovanna Caldana a Cuochi d'Italia

Hai partecipato al programma Cuochi d’Italia: com’è stata quest’esperienza? Era la prima volta in TV?

E’ stata la mia prima volta in televisione e premetto che io non ho la TV a casa, vivo completamente senza TV da sempre quindi non conoscevo né il format televisivo, né i cuochi.

Questa avventura è iniziata quando una delle produttrici è venuta a cena, penso per caso, al piccolo ristorante Rive e mi ha chiesto di partecipare al programma. Non ho fatto alcun provino, è stata una sorpresa per me. La prima volta la troupe è venuta a farmi un’intervista il giorno stesso dell’esame in Accademia, mentre il giorno prima sono andata a Milano per una prova di cottura con Alessandro Borghese per vedere come me la cavavo ai fornelli mentre parlavo davanti alle telecamere.

L’esperienza a Cuochi d’Italia è stata bellissima, mi ha dato l’opportunità di cucinare davanti a chef stellati, insieme a colleghi che hanno un percorso importante e con rivali più che degni. Non ci sono farse, gli ingredienti sono veri e anche i tempi di cottura sono esattamente quelli: si ha a disposizione 25 minuti per fare i tagliolini, per condirli, realizzare il piatto.

Ritengo che la televisione sia un mondo bellissimo, diverse reti venete mi hanno proposto di fare alcune puntate sulla cucina veneta e sulle mie ricette, però il mio grande obiettivo è quello di dare il massimo nel mio lavoro, mentre fare televisione è un altro mestiere.

Hai realizzato dei progetti di recente e ne hai in cantiere di nuovi per il futuro?

Qualche mese fa, verso fine dicembre e inizio gennaio, ho avuto modo di organizzare una serie di eventi per varie case di moda. Tra queste Louis Vuitton mi ha selezionata per l’originalità delle proposte, erbe e colori fluo ricavati da ingredienti naturali per ricreare finger food ed eventi collegati alla presentazione della nuova collezione. Una sfida incredibile tirar fuori dalla natura stessa i colori della collezione di una grande Maison.

Uno dei miei progetti futuri è quello di dedicarmi un po’ di più alla formazione, trasferire una parte dell’entusiasmo, del know how e di conoscenze segrete che non si trovano nei libri e acquisito in quasi 20 anni di esperienza, ai ragazzi che si avvicinano oggi al mondo della ristorazione. Ogni persona che è vicino alla cucina con umiltà si porta dietro 2-3 generazioni di esperienze, di erbe, di ricettari. Lavorare con le erbe selvatiche non è così semplice, sei visto quasi come uno chef-alchimista (più un alchimista che uno chef): è una conoscenza antica che non c’è sui libri, quindi mi piacerebbe trasmettere questo valore ai ragazzi che sono all’oscuro di cosa sia qualunque tipo di erbetta che fa parte da sempre della cucina. Le erbe sono la base della cucina, per questo vorrei trasferire questa passione che ho dentro.

Non da ultimo sento la necessità ogni 2 anni di fermarmi per studiare e approfondire anche non necessariamente la mia materia. Tra un anno mi iscriverò infatti all’Accademia delle Belle Arti.

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