24

24 Aprile 2020

Da “La Peca”, Pierluigi Portinari racconta la verità sul Covid ad Accademia delle Professioni

Un dialogo privo di edulcoranti, crudo, verace e a cuore aperto, in cui previsioni e supposizioni sul futuro della ristorazione vengono accantonate lasciando spazio a parole che si raccontano, e lo fanno al tempo presente. Un incontro dove la realtà di un uomo, imprenditore e titolare del due stelle Michelin “La Peca”, è stata trasformata da una pandemia. La testimonianza di Pierluigi è la storia di molti che, rimboccate le maniche, si sono reinventati.

[addtoany]
Il Covid ha tracciato una linea di demarcazione nell’esistenza dell’intera umanità, ha creato una nuova era in termini di abitudini quotidiane, lavorative, affettive. Questo virus ha toccato a 360 gradi tutte le sfere della vita di ciascuna persona a livello globale.

Numerose le ipotesi derivanti da pronostici economici basati su indizi attuali che, talvolta, risultano essere congetture allo stato embrionale. Alcune celebrità del panorama enogastronomico italiano sostengono che il Covid non cambierà in maniera intrinseca la Ristorazione. Per contro, qualche Chef dall’accento americano ha una visione iper pessimista, immaginando uno scenario a tratti catastrofico che travalica i confini del continente a stelle e strisce. Dov’è la Verità?

La risposta è come un germoglio che fa capolino dal terreno. Ci vogliono tempo e pazienza perché spunti fuori e solo allora, quando sarà concretamente visibile, si potrà capire come coltivarlo per farlo fruttificare.

Poliedrico imprenditore dalle sfumature geniali e creative, Pierluigi Portinari è amministratore, sommelier e pasticcere del ristorante La Peca. Ai fuochi il fratello Nicola, il cui rigoroso estro culinario ha portato a casa Due Stelle Michelin e 4 Cappelli nella Guida de L’Espresso. Da 33 anni, “La Peca” lascia il segno in cuori e palati di chi decide di farsi cullare e stupire dai fratelli Portinari e dal loro staff.

blank
Photo Credit: Dolcesalato
Photo Credit: La Peca
Photo Credit: La Peca
Photo Credit: Il Gazzettino
Photo Credit: Il Gazzettino

–  L’hashtag #andratuttobene cela un fiabesco ottimismo privo di sana razionalità. La verità è che il mondo è cambiato e forse fa paura ammetterlo, ma ciò non toglie che “cambiamento” non sia sinonimo di “fine”, anzi, tutto sta evolvendo, e anche in meglio. Qual è il suo pensiero in merito? 

“L’hashtag #andratuttobene ho visto esser durato due settimane, poi, per fortuna, la consapevolezza nelle persone ha fatto capolino. E’ palese che un cambiamento c’è ed è altrettanto assodato che si protrarrà per non poco tempo, ma credo che questo non avverrà in modo definitivo ed assoluto. Abbiamo rallentato, tutti, e questo aspetto mi piace molto perché ci si parla, ci si guarda, ci si confronta. Chiaro, un profondo dispiacere per la situazione economica in cui ci troviamo c’è, però il mondo va avanti, a rilento, ma nulla è totalmente fermo. E poi, l’etimologia della parola crisi qual è? Deriva da crisis, il cui significato è scelta, decisione. I momenti bui spingono a fare salti importanti, a tirare fuori i denti e, talvolta, è un gran bene!”

– Molte attività hanno chiuso, numerosi imprenditori lavorano giorno e notte per trovare soluzioni che permettano loro di restare sul mercato ed essere competitivi. La vita va avanti, cerca nuovi mezzi e nuove vie lo fa con forza e decisione. Di fronte a ciò, cos’è cambiato in voi e nel vostro modo di approcciarvi al lavoro? Come avete reagito Lei e il suo staff di fronte al lockdown? Quali suggerimenti può trarre dal suo bagaglio decennale di esperienze e trasmettere ai suoi colleghi?

“La crisi del 2008 ha falciato la classe media e le sue imprese e, di conseguenza, anche il nostro lavoro si è dimezzato. Ci siamo mobilitati e reinventati. Come dicevo prima, il rallentamento che stiamo vivendo mi piace perché abbiamo molto tempo per pensare, riflettere e solo in questi frangenti di difficoltà scaturiscono idee che mai avresti smosso, visto e tirato fuori. Oggi come allora stiamo scucendo una veste per creare un altro abito, la stoffa è la medesima, bella e pregiata, ma la forma è differente. Nel 2008 avevamo lavorato come catering di lusso presso i Ristop degli aeroporti di Bergamo e Venezia. Abbiamo proseguito per due anni e questo ci ha dato la possibilità di non licenziare nessuno dei nostri ragazzi, a cui teniamo immensamente, e ciò accadrà anche adesso. Stiamo trovando nuove vie per camminare su cui poi magari correremo pure! Ai miei colleghi consiglio di non mollare, di andare a fondo, rivoluzionare e cambiare perché la soluzione c’è sempre, anche in momenti poco favorevoli come questo.”

– Pierluigi, avrebbe mai immaginato che i piatti di suo fratello Nicola venissero consegnati all’interno delle abitazioni di quegli stessi clienti che, animati e spinti dal desiderio di abbracciare la vostra arte, venivano nel vostro ristorante? Quale stato d’animo ha suscitato in voi questa inversione di ruoli? Quali feedback emozionali avete ricevuto da chi ha usufruito del delivery? Continuerete ad adottare questa metodologia?

“Il delivery lo stiamo utilizzando, e va anche alla grande! Le richieste da parte dei nostri clienti continuano ad aumentare, sono entusiasti e addirittura divertiti di poter mangiare stellato nella cucina di casa propria. Questa modalità funziona molto bene, dà grandi risultati e lo vediamo come nuova tipologia di ristorazione nel futuro del nostro locale.”  

– State pensando a quali strategie e iniziative mettere in atto quando arriverà il momento di rimettersi in marcia, alla luce delle ombre che avvolgono il futuro?

“Stiamo lavorando proprio in questi giorni su alcune modifiche da apportare nel delivery perché sia più fruibile e più veloce. Mi spiego meglio. Ad oggi, inseriamo all’interno di un box tutte le preparazioni confezionate singolarmente in modo che il cliente, attraverso i vari tutorial che mio fratello Nicola ha precedentemente girato, possa assemblare il tutto e costruire da solo lo stesso piatto che mangerebbe da noi. Ma adesso per far tutto questo c’è tempo. Quando la vita tornerà a macinare ritmi frenetici non sarà più possibile adottare questo metodo. Stiamo pensando a qualcosa di più smart, da tenere fuori dal frigo, che in un passaggio sui fuochi o in forno dia la possibilità di mangiare e vedere… le stelle!

Per quanto concerne, invece, il ritorno fisico della nostra clientela a La Peca, le direttive sanitarie che ci verranno fornite le stiamo cercando di anticipare prendendo già ora le misure dei tavoli, le distanze che tra essi devono esserci e quanto sarà necessario fare noi la faremo perché chi entrerà da noi si senta sereno e al sicuro.”

– La Peca, da anni tra le strutture di maggior prestigio convenzionate con Accademia, ospita in stage gli allievi adulti dei Corsi Professionalizzanti. Com’è accogliere nella cucina del proprio locale una persona che si approccia per la prima volta al mondo della ristorazione -in tal caso si parla addirittura di “alta” ristorazione- e da cuoco principiante desidera diventare un esperto del settore? Quali primi passi aiutano gli allievi a prender confidenza con un mestiere che richiede ordine, precisione e coesione tra colleghi soprattutto in un ristorante Due Stelle Michelin come il vostro?

“Agli stagisti che entrano nella nostra cucina la prima cosa che insegniamo loro è il chiedere, è indispensabile domandino qualsiasi cosa perché solo così possono imparare l’ordine delle cose, la precisione, la pulizia. Diamo loro dei compiti ben definiti e la squadra dei nostri ragazzi, gruppo molto affiatato, accoglie chiunque entri facendolo sentire parte del team. Amo i miei ragazzi perché viviamo tutti in un clima di rispetto, educazione e molta, molta umanità. Come si suol dire, siamo una grande famiglia, e lo siamo per davvero.

– Quali consigli si sente di dare ai neofiti, specialmente in un periodo storico delicato come quello che stiamo affrontando?

“Riporto il mio pensiero che collima pienamente con la mia esperienza di vita. La parola chiave è umiltà. E bisogna averne tanta, è necessario non sentirsi mai arrivati o migliori di altri perché quel giorno è la tua fine. Non esser mai stanchi di amare il proprio lavoro, spremere tutta la passione che si ha dentro e metterla in questo mestiere che è difficile quanto soddisfacente. Avere sempre la voglia di migliorare mantiene vivi e regala modestia.”

Photo Credit: Fashion For Travel
Photo Credit: Fashion For Travel
Un sentito grazie a Pierluigi Portinari che ci ha donato il suo tempo, le sue parole e profondi spunti di riflessione come trampolini di lancio.